domenica 1 settembre 2013

Tangenziale est esterna di Milano: pensano di finanziarla così?

I cantieri aperti lungo tutti i trentadue chilometri della nuova autostrada da Cerro al Lambro ad Agrate, almeno in teoria, dovrebbero suggerire che la situazione finanziaria della TEM sia, se non definita, almeno “quasi definita”, magari con solo qualche dettaglio da sistemare. Aprire infatti cantieri per chilometri e chilometri senza una adeguata e certa copertura finanziaria sarebbe da considerare un azzardo troppo grande, grave e pericoloso:  in questo caso, sarebbe davvero difficile pensare a delle giustificazioni che possano cercare di spiegare una condotta quantomeno sconsiderata e al di fuori di ogni sana logica di buona gestione aziendale (almeno di quelle aziende davvero private, quelle ad esempio dove il presidente o l’amministratore delegato non viene indicato dal presidente della Provincia...). Se così fosse, magari un po’ maliziosamente, si potrebbe allora supporre che il tutto possa essere finalizzato ad avere un’arma in più per “costringere” lo Stato, in caso di nuove difficoltà economiche, a correre ancora una volta in aiuto della TEM. Perché, ovviamente, lo Stato non potrebbe davvero permettersi di lasciare la campagna milanese devastata da decine di chilometri di cantieri abbandonati. Se è difficile pensare che sia veramente in atto una gestione così assurda e pericolosa, tuttavia, visto il recente passato, non ci si sente neanche di escludere a priori che l’opera non sia ancora del tutto coperta con finanziamenti certi. Non dimentichiamoci infatti che solo lo scorso febbraio, l’allora socio di maggioranza di TE, la Serravalle, aveva invitato le sue partecipate a sostenere esclusivamente le spese davvero coperte. Ed il recente regalo di 330 milioni a fondo perduto concesso dal Governo alla tangenziale est esterna per far fronte alle sue gravi difficoltà finanziarie evidenzia ancora una volta una fin troppo particolare sensibilità nei confronti di questa infrastruttura, sensibilità che, probabilmente, non tarderebbe a materializzarsi ancora una volta nel caso di eventuali nuovi problemi. Supposizioni?

In ogni caso, come dicono di voler finanziare la nuova tangenziale est esterna?

L’ultimo a provare a fornire un quadro, quantificando anche le diverse voci di finanziamento della TEM, è stata Repubblica (Cantiere Tem, via al piano anti-ritardi, 13 agosto 2013, di Ilaria Carra). Questo, in sintesi, è quello che emerge dall’articolo:
Capitale Proprio: 580 milioni (è in corso un aumento di capitale che dovrebbe portare il capitale dagli attuali 220 milioni a 465. Ad ottobre ne dovrebbe seguire un altro per arrivare ai 580 milioni previsti)
Contributo pubblico: 330 milioni a fondo perduto concessi con il cosiddetto “decreto del fare” (a questi sarebbero poi da sommare quelli derivanti da aiuti “indiretti” come recentemente illustrato dal presidente di Serravalle per la Pedemontana).
Debito di lungo periodo: 700 milioni (Cassa Depositi e Prestiti; BEI, Banca Europea d’Investimento, quest’ultima dal 2014)
Debito di breve periodo: 120 milioni di prestito ponte a cui aggiungerne altri 300 (pool di banche commerciali)

Sono cifre che, nella parte relativa ai prestiti, divergono abbondantemente da quelle riportate da un analogo tentativo compiuto da Il Sole 24 Ore solo qualche settimana prima. Dando per scontato che entrambi i quotidiani abbiano ottime fonti, queste divergenze danno l’idea di come la situazione finanziaria della nuova autostrada sia ancora oggi quantomeno incerta e che i dati forniti ai giornalisti siano delle ipotesi di lavoro. Ancora da verificare. Ma con i cantieri aperti.

Certo, i 330 milioni di euro a fondo perduto hanno ovviamente modificato la situazione. Non solo direttamente nelle casse di TE. Un regalo ingiustificato di questo tipo, pagato dalla collettività, può magari essere anche letto come un costosissimo segnale inviato dal settore pubblico alle banche commerciali sull’intenzione dello Stato di garantire i prestiti concessi alla TEM. Con questi 330 milioni di euro potrebbe essere stato poi mandato anche un altro chiarissimo segnale alle due grandi banche pubbliche chiamate a finanziare il progetto nel lungo periodo. Cassa Depositi e Prestiti e BEI non sono infatti banche “pure” visto che possono anche derogare dalle più stringenti logiche di affidamento del mercato creditizio e compiere scelte più “politiche”.

Ma queste sono supposizioni di un piccolo blog (a cui, tra l’altro, sembra che la quota di BEI e CDP possa essere superiore ai 700 milioni riportati da Repubblica, con una parallela minore esposizione delle banche commerciali).

In ogni caso il quadro finanziario della TE si comincerà a delineare a settembre, alla scadenza dell’aumento di capitale di TE spa. Se ne riparlerà.

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